venerdì 23 gennaio 2009

IL SEGRETO DELLA BILANCIA


Per molti questa rimarrà solo una bella fiaba.... ma se un domani incontrete, nel vostro lavoro di educatori, un ammalato che sa sorridere, un infelice capace di gioire, un handicappato che ha fiducia nella vita, ricordatevelo: probabilmente avete incontrato qualcuno che conosce il segreto della bilancia.

...Un uomo gravemente ammalato fu accolto in una comunità e messo in una grande stanza insieme a molti altri ammalati. Ma poco dopo essere deposto sul suo giaciglio, chiamò a gran voce il superiore. "In che luogo mi avete portato?", protestò.
"Le persone che ho dintorno ridono e scherzano come bambini! Non sono certe ammalate come me!".

"A dire la verità lo sono molto più di lei!", rispose il superiore, "ma hanno scoperto un segreto, che oggi pochissimi conoscono o che, pur conoscendolo, non ci credono più".
"Quale segreto?", domandò l'uomo.

"Questo!", rispose un anziano dal letto confinante.
Estrasse dal comodino una piccola bilancia, prese un sassolino e lo depose su un piatto; subito l'altro si alzò.
"Che stai facendo?", chiese l'uomo."Ti sto mostrando il segreto! Questa bilancia rappresenta il legame che esiste fra uomo e uomo. Il sassolino è il tuo dolore che ora ti abbatte.Ma mentre abbatte te, solleva l'altro piatto della bilancia permettendo ad un altro di gioire. Gioia e dolore si tengono sempre per mano. Ma bisogna che il dolore sia offerto, non tenuto per sé; allora fa diventare come bambini e fa fiorire il sorriso anche in punto di morte".
"Nessuna scienza giustifica quello che tu dici!", fu la riflessione dell'uomo.
"Appunto per questo c'è in giro tanto dolore vissuto con amarezza. Perché non entri anche tu nella bilancia dell'amore?".


L'uomo accettò la strana proposta. E fu così che, quando guarito, rivisse istanti di gioia e non poté non pensare alla sofferenza degli altri.


In quel momento si sentì legato agli uomini di tutto il mondo da un sottile filo d'oro...

Anche la relazione educativa è un continuo scambio io/tu. L'io ha sempre bisogno di un tu per costruire una propria soggettività e realizzare il proprio progetto di vita, ed è in questa relazione che si impara a trovare il nostro "giusto equilibrio".

ASCOLTAMI CON GLI OCCHI


"Una giovane mamma, in cucina, preparava la cena, con la mente totalmente concentrata su ciò che stava facendo:preparare le patatine fritte. Stava lavorando sodo, proprio per preparare un piatto che i bambini avrebbero apprezzato molto. Le patatine fritte erano il piatto preferito dai bambini. Il bambino più piccolo, di quattro anni, aveva avuto un’intensa giornata alla scuola materna e raccontava alla mamma quello che aveva visto e fatto. La mamma gli rispondeva distrattamente con monosillabi e borbottii. Qualche istante dopo, si sentì tirare la gonna e udì:"Mamma...". La donna accennò di sì col capo e borbottò anche qualche parola. Sentì altri strattoni alla gonna e di nuovo:"Mamma...". Gli rispose ancora una volta brevemente, e continuò imperterrita a sbucciare le patate. Passarono cinque minuti. Il bambino si attaccò alla gonna della mamma e la strattonò.a tal punto che la donna fu costretta a chinarsi verso il figlio. Il bambino le prese il volto fra le manine paffute, lo portò davanti al proprio viso e disse:"Mamma, ascoltami con gli occhi!".
Udire è raccogliere un’informazione; ascoltare è essere attento ad un’altra persona. Ascoltare qualcuno con gli occhi significa dirgli:"Tu sei importante per me!".

Anche il buon educatore, quindi, deve saper attuare un tipo ti ascolto empatico che prevede una vicinanza emotiva con l'altro, segnalazione della propria disponibilità e capacità di restituzione dei significati emersi.

martedì 13 gennaio 2009

MUSICA A COLORI


Sono restata piacevolmente sorpresa dall'invenzione di questo nuovo strumento che, finalmente, permetterà ai ciechi di vedere i colori...e tutto questo grazie alla musica!

Si tratta di un piccolo computer, messo a punto dagli scienziati dell’Università delle Baleari, il cui compito è quello di raccontare, con i suoni, i colori ai bambini non vedenti.

Il dispositivo è ancora in via sperimentale ed è in grado di tradurre in note musicali le varie tonalità di colore superando, in tal modo, il problema della soggettività delle interpretazioni facendo leva su quelle più “comuni”: i suoni gravi richiamano ad esempio i colori scuri e i suoni acuti quelli chiari.

Pur trattandosi di un'invenzione recente, furono molti i tentativi di connubio tra la sensazione uditiva della musica e quella visiva della pittura e dei colori.

Pensate, ad esempio, che il primo tentativo di musica colorata risale al 1725, quando il gesuita Louis-Bertrand Castel presentò il "clavicembalo oculare". Tale strumento doveva avere la capacità di dipingere i suoni con i colori ad essi corrispondenti, in maniera tale, sosteneva Castel, che un sordo potesse gioire e giudicare della bellezza di una musica tramite i colori ed un cieco potesse giudicare dei colori tramite i suoni.
Lo strumento doveva funzionare come un clavicembalo tradizionale, tranne per il fatto che ad ogni nota era associato, secondo studi approfonditi dello stesso gesuita, un colore, che si doveva mostrare allorché si pigiava il tasto della nota corrispondente.

Se ci pensate distinguere i colori è uno degli aspetti piu' importanti della realta' che ci circonda. E' cosi', infatti, che attribuiamo significati e valori simbolici a cio' che vediamo...e da oggi, grazie alla musica, anche i non vedenti saranno in grado di farlo!

domenica 11 gennaio 2009

I DONI DI UN EDUCATORE


Trovo bellissima questa citazione che mi fa piacere condividere con tutti voi...



_“A Socrate offrivano - ciascuno secondo le proprie possibilità - molti doni; allora Eschide, un discepolo povero, gli disse: "Non trovo nulla da offrirti che sia degno di te e per questo solo m’accorgo di essere povero. Di conseguenza ti offro me stesso, l’unica cosa che possiedo. Questo dono, qualunque esso sia, gradiscilo, te ne prego, e considera che gli altri, pur avendoti dato molto, hanno riservato a sé molto di più”. E Socrate gli rispose: “Per quale ragione il tuo non dovrebbe essere un grande dono? A meno che tu non faccia poco conto di te stesso."_



Ecco...per me diventare educatrice significa avere tra le mani molti doni, uno diverso dall'altro, ciascuno con la propria storia e il proprio progetto di vita. Ma per ricevere questi doni è necessario, prima, consegnare noi stessi, aprirci all'altro e svelargli ciò che di più bello custodiamo in noi..."Sarà mia cura quindi restituirti a te stesso migliore di come ti ho ricevuto”.

NOI EDUCATORI


Grazie al lavoro di gruppo che stiamo facendo in metodologia ho avuto l'occasione di confrontarmi con alcune mie compagne di corso circa la nostra scelta universitaria e la nostra futura occupazione lavorativa e ciò mi ha dato lo spunto per questo post.


Fino a poco tempo fa, quando mi chiedevano che cosa sarei diventata una volta laureatami, io rispondevo, forse per una scelta di comodo, "maestra d'asilo nido".


Una risposta che ora mi fa un pò sorridere pensando, in realtà, a quante opportunità il nostro indirizzo ci può offrire...siamo EDUCATORI, abbiamo la responsabilità di "segnare" con valori educativi i progetti di cambiamento delle persone, dei gruppi, delle comunità sociali...


Un buon educatore ha un'attenzione costante alla persona e al suo sviluppo globale...


Un buon educatore ha un profondo rispetto della singolarità dei "vissuti"...


Un buon educatore è disponibile all'ascolto e alla comprensione dell'altro...


Solo educatori così formati saranno in gradi di portare un contributo originale alla soluzione dei molti problemi delle persone in difficoltà! (ad esempio attraverso la musica, lo sport, l'arte,...)


La nostra missione educativa è quella di dare spazio ed attenzione a tutti coloro che una società fondata sull'efficenza e sulla produttività vorrebbe "invisibili".

venerdì 9 gennaio 2009

MUSICA NEI LAGER: LA VOCE DELLA VITA


Dopo aver avuto l'occasione di visitare il campo di concentramento Dachau, vorrei dedicare questo post al ricordo di quanto accadde nel mondo dei Lager, in cui si cercò di togliere all'uomo non solo ogni dignità ma ogni residuo di umanità. Nell'estrema degradazione provocata dai campi di lavoro, in cui l'uomo è ridotto ad un "bruto" che non pensa e che obbedisce istintivamente ai soli bisogni primordiali, mangiare ed evitare il dolore, il voler aggrapparsi alla musica rappresenta il disperato tentativo di salvare ancora qualcosa di umano.

La testimonianza di Herbert Zipper, il compositore che durante la prigionia a Dachau creo' un'orchestra segreta e scrisse un motivo destinato a diventare l'inno di resistenza dei campi di sterminio nazisti, credo possa essere un esempio lampante di come "l'arte abbia il potere non solo di tenerti in vita, ma anche di dare un senso all'esistenza nelle circostante piu' aberranti".

La storia di Hebert ha inizio in una fredda mattina di marzo del 1938 quando la polizia austriaca lo arresta e lo spedisce a Dachau, alla periferia di Monaco. Li il comandante delle SS da' il benvenuto ai nuovi arrivati con queste parole: "Qui tutto e' proibito, anche la vita. E se talvolta essa accade, e' solo per sbaglio". Nelle baracche affollate Zipper incontra compositori viennesi e musicisti della "Filarmonica" di Monaco. Insieme decidono di non soccombere alla brutalita' del campo. Perlustrando tra i rifiuti del campo, trovano rottami di legno e metallo con cui costruiscono violini ed altri strumenti. Una dozzina in tutto. Nasce un'orchestra clandestina, da lui stesso diretta, che si riunisce tutte le domeniche pomeriggio - nel gelido tanfo di latrine abbandonate - per alleviare la sofferenza dei prigionieri del campo. Le guardie, dedite alla pausa domenicale e per piu' ubriache, non si accorgono mai di nulla.

La sua mansione quotidiana e' spingere una carriola ricolma di pietre, passando sotto il famigerato cartello: "Arbeit macht Frei", il lavoro ti rende libero. Quello slogan gli da' l'ispirazione per scrive "Canzone di Dachau", un inno liberatorio e ottimista che esorta le vittime alla resistenza ai propri carnefici. Zipper la insegnerà ad un paio di ragazzi e subito tutti e mille gli abitanti del campo la impararono a memoria. Nel giro di qualche mese la "Canzone di Dachau" viaggia da lager a lager, diventando il piu' potente e popolare inno di resistenza anti - nazista dell'Olocausto. Piu' tardi, trasferito a Buchenwald, Zipper viene accolto come un eroe dai prigionieri. Poco prima del via alla "Soluzione Finale", il padre, da Parigi, riesce a salvare in extremis il figlio dai forni crematori, sborsando un'enorme somma ai nazisti, in cambio di un visto e la promessa di non rimettere piu' piede in Austria. Inizia il suo lungo pellegrinaggio che da Manila - dov'e' di nuovo imprigionato, dai giapponesi questa volta - lo portera' negli Stati Uniti, dopo un breve "impiego" come agente segreto del generale Douglas Mac Arthur. Nominato direttore dell'Orchestra Sinfonica di Brooklyn, Zipper e' il primo, in America, a reclutare donne e afro - americani. E negli ultimi tre decenni si e' operato soprattutto per portare la musica nei ghetti piu' poveri e disperati, da Harlem a South Central.

Ora il suo epiteto recita: "Finche' c'e' la musica, c'e' anche la speranza".

mercoledì 7 gennaio 2009

L' IPOD UMANO


Salve a tutti! Il post di oggi l'ho creato dopo aver letto la storia di un bambino autistico diventato un genio della musica...ma prima di raccontarvi quant'è successo a questo ragazzino mi piacerebbe spiegarvi, nelle note introduttive, alcune delle problematiche legate all'autismo.

Il bambino autistico, tra i diversi problemi che trova nel riuscire a sviluppare le sue capacita’, ha quello di riuscire ad ascoltare e a carpire i suoni, volontariamente, e le voci di chi gli sta intorno. L’autismo, infatti, porta i bambini ad una specie di ovattamento o meglio di parziale isolamento dalla realta’, senza alcuna capacita’ di cernita dei messaggi che a loro arrivano.

L'autismo è considerato un disturbo che interessa la funzione cerebrale poichè la persona che ne è affetta mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e della comunicazione anche se, nonostante ciò, alcune persone autistiche possiedono per esempio una straordinaria capacità di calcolo matematico, sensibilità musicale o altri talenti in misura del tutto fuori dell'ordinario.

Questo è il caso di Derek Paravicini, uno dei nipoti della duchessa di Cornovaglia e moglie del principe Carlo, nato prematuro dopo sole 25 settimane di gestazione. Fin dai primi mesi di vita ha avuto gravi problemi di sviluppo. Ma a due anni, anzichè iniziare a parlare, il piccolo Derek ha cominciato a pigiare i tasti del pianoforte, riproducendo senza difficoltà canzoni per bambini. A quattro anni aveva già imparato, da solo, a suonare pezzi come "Don't cry for me Argentina".

Derek è un genio della musica ed è riuscito ad unire le sue sublimi doti al pianoforte ad una grave forma di disabilità umana...guadagnandosi il soprannome di "IPod umano"!